venerdì 29 novembre 2013

Forum QualEnergia - seconda giornata

Il tema di questa seconda giornata è il riciclo, ovvero la gestione virtuosa dei rifiuti.
Può questo settore offrire delle prospettive per il rilancio dell'economia al pari di quello delle energie rinnovabili?
Si parte individuando il principale concorrente degli operatori del recupero materiali: la discarica.
Tutto ciò che va in discarica è nocivo, tutto ciò che non va in discarica può essere riutilizzato e creare valore. Ma dal lato del riciclo pesa il minor costo delle materie, specie per quanto riguarda l'acciaio, la carta e altri materiali la cui 'riabilitazione' è ormai parte acquisita del patrimonio industriale a disposizione.

Ciò che più grava su questo comparto è la raccolta, ma quanto più la prassi della differenziazione dei rifiuti è diffusa in un territorio tanto meno costa raccoglierli. Dunque sono gli enti locali il fulcro del funzionamento di questo sistema, soprattutto attraverso la disincentivazione al ricorso all'indifferenziato.
I dati provenienti da molti comuni sono di grande conforto, poiché essi spesso si sono rivelati capaci di andare molto oltre gli obiettivi stabiliti a livello nazionale ed europeo.

La nota dolente, come viene sottolineato in tutti gli interventi della giornata, è l'ostacolo costituito dalle amministrazioni e dalle burocrazie, che hanno creato problemi anche agli operatori che non hanno chiesto incentivi per la propria attività, come per esempio nel caso di alcune imprese che si occupano di raccolta olii.
Va adottato per questo un modello funzionale: agevolare l'utente e rendendolo protagonista, proponendo la raccolta nei centri commerciale e con il sistema del premio (mi dai il materiale riciclabile, io ti do qualcosa in cambio).
Dove ciò è stato sperimentato vi è stata una risposte incredibile - crescono anche altre raccolte differenziate. Senza trascurare il contributo fondamentale rispetto anche alla questione ambientale.

È stato analizzato in dettaglio il sistema consortile, utilizzato a partire dal decreto Ronchi del '97 che ha reso alcuni di essi obbligatori per non far cadere su singoli operatori il peso della 'filiera' del riciclo.
Si è parlato soprattutto di come questo sistema, a più di quindici anni dal varo, abbia bisogno di rinnovarsi. Su batterie, consorzi per intercettare meglio materiali e salvaguardare ambiente (lasciato in giro) oltre alla raccolta, che servizi offriamo?
È così che apparecchiature elettroniche, pannelli fotovoltaici, altri materiali fuori dai circuiti classici della differenziata sono stati introiettati dal consorzio obbligatorio per le batterie nella lista dei materiali 'di competenza'.
Si è sottolineato come lavorare con la differenziata porta a lavorare anche alla sensibilizzazione della popolazione e delle aziende. Tuttavia il salto di qualità non si vuole fare, da parte istituzionale, e si tiene in piedi uno status quo che è dannoso e ci tiene ancorati a ieri, quando ci saebbe bisogno di restare costantemente proiettati sul domani.
Ma cosa dovrebbe fare il parlamento allora?Attualmente intanto i consorzi sono tutti separati tra loro e invece serve quantomeno costruire una visione comune e una conseguente azione comune, altrimenti non avremo l'evoluzione che il ciclo del riuso presuppone.
In più vent'anni fa il mercato degli oli usati era molto florido e quindi il consorzio è servito per fare da arbitro in mezzo a grossi interessi che si andavano articolando.
Oggi si raccoglie sempre meno olio perché si vende sempre meno olio, ma il lavoro teoricamente non sarebbe terminato: richiederebbe anzi un'internazionalizzazione. Già le raffinerie più avvedute mandano emissari in nuovi mercati, come africa.
Il consorzio deve evolvere in osservatorio e non deve avere interessi economici diretti (deve mirare a profitto zero).

Il vero scandalo è costituito dal sistema tracciabilità rifiuti (Sistri).
Dei 17mila obbligati al sistri, le aziende utilizzatrici sono solo 3-4mila. Il ministero non sa che pesci prendere sulla materia e si profila spesso un ricorso a percorsi paralleli operanti in nero.
Nessuna delle parti in causa né fra gli esperti è stato consultato e chi poteva avere un vantaggio economico è scappato, perché non su tutti i prodotti serve la tracciatura, i quanto, ad esempio, per la carta ed i metalli ci sono già i canali adatti. A che serve tracciare i rifiuti in quel caso?
Questo è un tipico esempio di intervento sballato del legislatore (uno dei tanti in materia).

È tuttavia possibile essere ottimisti?
Si, a patto che a) dove si fa raccolta si segnino nuovi obiettivi al rialzo sui materiali su cui funziona;
b) i prodotti che non vengono attualmente raccolti vanno invece incanalati in nuovi percorsi, anche perché le persone hanno già capito e se c'è un contesto adeguato fanno raccolta differenziata in maniera eccellente.
C'è inoltre bisogno di un approccio sistemico e politiche ampie, che coinvolgano più soggetti.
Occorrerebbe partire dalla risoluzione dell'incertezza normativa (mettere, togliere o modificare gli incentivi) e recuperare etica e rigore: non si boccia nessuno.
in questo paese chi inquina, come chi sbaglia, non paga; è più grave un furto di una mela che una discarica abusiva, che è un reato amministrativo. Ci vogliono regole che penalizzino le illegalità (influendo sul problema del dumping industriale sui rifiuti).
Anche sulla citata operazione "Sistri" nessuno ha pagato. Così si è arrivati a temere gli interventi legislativi in generale.

Anche gli operatori comunque hanno delle responsabilità, se non contrastano norme che avvantaggiavano solo produttori di materiali che inquinano se abbandonati nell'ambiente.
Come già detto sulla questione dell'energia, le lobby conservatrici hanno ancora troppo peso ma per batterle non va rifiutato il lobbing, ne va piuttosto sviluppato uno "progressista".
Bisogna prima di tutto che si capisca, a livello governativo e parlamentare, che non ci vogliono i decreti sbagliati. Servono regole giuste e certe che non inducano ad esempio a dare materiali raccolti ad altri paesi. Serve che le normative giuste non subiscono abnormi ritardi e proroghe (7 anni per i sacchetti non biodegradabili) come finora.
In generale ciò è frutto dell'inadeguatezza classe dirigente (non solo politica, quindi)che non consente tuttora di superare il modello da anni sessanta che non funziona più da anni.
In un settore come questo, una rivoluzione come quella necessaria non si fa su contrapposizioni generali, ma creando un grande fronte contro i pochi (ma agguerriti) resistenti.








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